Si è appena conclusa la quarta edizione del Live Wine, l’evento milanese dedicato ai vini artigianali. Erano presenti solide realtà nazionali, alcune delle quali rappresentano l’eccellenza della produzione vitivinicola italiana, ma anche espositori esteri, provenienti in particolar modo da Slovenia, Francia e Austria, con cui è stato un piacere confrontarsi. Tuttavia, qui vogliamo raccontarvi di una degustazione guidata dal titolo Splendore e Tenacia del Cirò Rosso.
La degustazione, guidata da Samuel Cogliati e Giorgio Fogliani, quest’ultimo autore del libro Cirò – I luoghi del gaglioppo, edito da Possibilia, si è svolta con la partecipazione di tre protagonisti della cosiddetta rivoluzione cirotana, ossia Francesco De Franco della ‘A Vita, Sergio Arcuri e Cataldo Calabretta. Insieme a loro, abbiamo avuto l’occasione di approfondire la conoscenza del gaglioppo e di questo splendido lembo di Calabria affacciato sullo Ionio.
La storia del gaglioppo affonda le radici nella Magna Grecia, quando questo vino era considerato particolarmente pregiato: si narra che venisse dato in premio ai vincitori delle Olimpiadi! Nonostante le nobili origini però, complici la fillossera prima e una produzione sempre più di tipo industriale dopo, il vino di Cirò ha conosciuto un periodo di forte declino qualitativo nel secolo scorso, come testimoniato anche dagli scritti di Mario Soldati. Grazie ad alcuni produttori però, la denominazione del Cirò Rosso sta vivendo un’innegabile riscossa che rende giustizia alle potenzialità del gaglioppo.
Quando vinificato in purezza, come nel caso dei produttori presenti, questo vitigno riesce a dare vini di grande spessore, dal colore un po’ scarico, ma di grande ricchezza aromatica e notevole impatto gustativo.
La scaletta della degustazione prevedeva nell’ordine:
Cirò classico Cataldo Calabretta 2012
Cirò classico superiore Cote di Franze 2011
Cirò riserva “Più vite” Sergio Arcuri 2011
Cirò classico superiore riserva ‘A Vita 2008
ed un sorprendente Cirò vinificato da Peppe Arcuri, padre di Sergio, nel lontano 1983
Cirò classico Cataldo Calabretta 2012
Vino prodotto in un’annata torrida, ma che mantiene una notevole vivacità. Resa bassa, raccolta manuale, fermentazione con lieviti indigeni, affinamento in cemento e bottiglia. Al naso si avverte una spaziatura di pepe bianco, fiori essiccati, cuoio. Il sorso è fresco e sapido, con un tannino ben presente. Ottima persistenza, da abbinare sicuramente a qualche piatto corposo di carne. Un vino da riprovare sicuramente tra qualche anno, ma che ha già grande stoffa.
Cirò classico superiore Cote di Franze 2011
Anche qui rese non elevate, raccolta manuale, non utilizzo di lieviti selezionati. L’affinamento avviene però in acciaio. Ci troviamo ad uno stile diverso rispetto al precedente (ed anche ai successivi). Al naso si avverte nitida la frutta rossa ed una leggera speziatura. Un vino morbido, con un tannino presente, ma più polposo. Ottima beva.
Cirò riserva “Più vite” Sergio Arcuri 2011
Qui passiamo al produttore che mi ha fatto scoprire il Cirò per la prima volta in un Vinitaly di alcuni anni fa. Alberello (come gli altri) e metodi di vinificazione simili. Affinamento di quattro anni in vasche di cemento ed un anno in bottiglia. Naso ricchissimo: erbaceo, floreale, note balsamiche, salsedine, liquirizia. In bocca è fresco, sapido, con un tannino anche qui ben presente, ma piacevolissimo. Ottima persistenza e sicuramente grande longevità in vista.
Cirò classico superiore riserva ‘A Vita 2008
Anche in questo caso, il livello è alto. Le uve selezionate per la riserva macerano per due mesi. Il vino ottenuto affina un anno in botti di rovere da 2000 litri e circa tre anni in bottiglia. Al naso si avvertono distintamente l’amarena e sentori di cacao e nocciola. In bocca è equilibrato, morbido e con un tannino discreto, sapido e fresco. Un vino di 10 anni in splendida forma.
Cirò rosato, Arcuri, 1983
La sorpresa della serata, non prevista nel programma ufficiale, l’ha fornita Sergio Arcuri con questo Cirò rosato di 35 anni fa, fatto nei palmenti. Una perla rarissima che, nonostante le condizioni di conservazione non ottimali, ha dimostrato di avere ancora personalità. Un vino emblematico della produzione artigianale cirotana che simboleggia il grande potenziale evolutivo del gaglioppo.
In conclusione, non ci resta che ribadire il nostro entusiasmo per i vini degustati. Non ci resta che visitare la Calabria e Cirò, anche per assaggiare la mitologica sardella a cui gli autori del libro hanno accennato durante la serata!